Roberto Rossellini. L’Enciclopédie al tempo di Méliès e dei Lumière

L’occasione del Centenario rosselliniano ci ha permesso di raccogliere, tra biblioteche, fondi privati, archivi istituzionali, quel vasto insieme di scritti, interviste, lezioni, lettere, appunti, rubriche, che Rossellini ha lasciato, in ogni forma mediale, per presentare e argomentare i suoi singoli progetti e il suo piano enciclopedico.

Dall’insieme emerge un Rossellini molto diverso da come lo hanno potuto/voluto rappresentare pregiudizialmente e ideologicamente i cinefili, gli esperti di cinema o studiosi come storici e sociologi, i quali dal loro punto di vista settoriale e più o meno pertinente, lo hanno celebrato come un cantore della resistenza (vedi il giudizio politico che sin dall’uscita ha accompagnato i suoi film, o addirittura gli sterili dibattiti intorno all’ipotetica adesione di Rossellini al regime fascista, poi al comunismo, poi …), come un divulgatore ma impreparato della storia della nostra civiltà (vedi il giudizio storico della riedizione della Lotta dell’uomo per la sua sopravvivenza fattane in televisione), o come un castigatore dei costumi della società contemporanea (vedi la lettura socio antropologica dei suoi film girati dopo l’ultima guerra).

Si sono realizzati così tanti articoli lezioni corsi e libri per dimostrare che l’opera di Rossellini dovesse essere divisa tra periodi corrispondenti alle sue scelte politiche, si sono create categorie socio-pedagogiche per classificare i suoi film e dimostrare che essi vi appartenessero, si sono addirittura cercate interpretazioni dei suoi rapporti sentimentali per giustificare cambiamenti nella sua opera (come è stato fatto per tanti altri autori, ad esempio Puccini, di fronte ai quali gli pseudostudiosi hanno ritenuto che psicanalizzando l'autore pur senza l'autore avrebbero addirittura spiegato la sua opera). In tutti i casi si è evitata di fare l’unica cosa che farebbe cadere una ad una queste categorizzazioni di comodo che accompagnano ancora il nome di Rossellini come presupposti indiscutibili: leggere i suoi scritti, i tanti metatesti con cui lui stesso ha descritto la sua ricerca, e cercare di capirli senza proiettare su di essi le medesime aspettative con cui sono stati presi in esame testi di altri autori privi delle stesse qualità ed effettivamente riducibili ad un uso socio-antropologico per non giudicarli privi di qualità artistiche.

La stessa famosa affermazione di Rossellini “non sono un cineasta” è stata interpretata (non compresa) come una dichiarazione di adesione all’idea politica di considerare il  suo cinema niente altro che uno strumento ben fatto di denuncia e propaganda. A nessuno sembra venuto in mente che la sua provocatoria risposta alle tante domande che gli facevano in vita circa il suo allontanamento dagli ambienti del cinema potesse essere un invito a considerarlo non soltanto un cineasta ma un vero umanista, artista scienziato e didatta, interessato tanto allo studio dell’uomo quanto alla narrazione quanto all’insegnamento (non alla propaganda).

A nessuno sembra venuto in mente - eppure i suoi scritti e i suoi progetti erano e sono visibili a tutti, non solo a noi - che l’opera di Rossellini non fosse comprensibile adottando una sola prospettiva e meno che mai quella cinematografica, dal momento che per capire i suoi film bisogna conoscere tanto di scienza, di filosofia, di antropologia, di arti, cioè competenze e conoscenze di cui sono privi di solito i critici e il grande pubblico, abituato a vedere in un film solo un paio d’ore di  intrattenimento.

Nessuno ha mai sostenuto davvero Rossellini ma molti sono stati ingannati da Rossellini che lasciava credere loro di essere disposto a fare ciò che essi si aspettavano. D’altro canto Rossellini era abile a sfruttare ogni mutamento storico e politico per ottenere gli aiuti necessari ad aggiungere un tassello alla sua polienciclopedia. Trattare Rossellini come un cineasta era ed è riduttivo, ma per capirlo bisogna fare come i suoi sceneggiatori più fedeli, per primo Jean Gruault, che per affrontare un film di Rossellini dovevano prima apprendere tutto il sapere degli enciclopedisti.

La biblioteca di Rossellini, che grazie alla fiducia accordataci da una stretta e fedele collaboratrice, abbiamo potuto acquisire in parte in formato analogico e in parte in formato digitale, rappresenta ciò che è sopravvissuto alle sue tante peregrinazioni da apolide. Non è stata mai consultata prima di noi (la polvere che vi abbiamo trovato e che abbiamo dovuto togliere è indicativa) perché non conteneva quasi per nulla libri di cinema; eppure in essa abbiamo trovato tutta quella materia filosofica (non ideologica), morale (non moralistica), scientifica (più  ancora che artistica) che Rossellini ha drammatizzato in  forma di dialoghi socratici, attribuendo ai differenti personaggi ciò che lui ha appreso, studiando quei testi, e che ha deciso di raccontarci. Lo stesso Rossellini con umiltà dichiarava che il suo compito di umanista era proprio quello di “raccontare quello che aveva appreso studiando”.

Si è preferito diffondere anche per lui l’idea del genio che improvvisava seguendo l’istinto; si è arrivato a dichiarare che Rossellini non scrivesse sceneggiature piuttosto che mettere in discussione e riformulare l’idea stessa di sceneggiatura. Ricordo ancora con imbarazzo (per lui) i commenti di un giornalista dopo un nostro intervento a un convegno, in cui cui mostravamo la materia saggistica da cui Rossellini traeva i suoi progetti filmici e evidenziavamo le parti dei libri stessi che trasformava nelle voci dei suoi personaggi. Egli,  piuttosto che rivedere i suoi assunti ideologici preferì spargere la voce che i nostri documenti fossero falsi. Così come ricordo un altro pseudo-studioso che citando quelle teorie  che attribuiscono ai lettori la capacità di migliorare i testi con le loro interpretazioni, persino quando si tratta di testi artistici, arrivò nello stesso convegno a a presentare Rossellini come un autore ingenuo, presumendo addirittura la sua ignoranza rispetto alla materia che trattava. D’altro canto non possiamo dimenticare che lo stesso Rossellini teneva nel suo portafoglio una stroncatura di un giornalista all’uscita di un suo film - forse per ricordarsi di non aspettarsi nulla da chi parla senza adeguata preparazione - che giudicava Rossellini un pazzo malato di mente non in grado di fare un film.

A conforto dell’estrema complessità dei progetti rosselliniani che abbiamo scoperto addentrandoci nella loro architettura e nelle riflessioni dell’autore, abbiamo trovato invece molte testimonianze di come Rossellini passava davvero il suo tempo, studiando, e di come sovraccaricasse di compiti di ricerca i suoi collaboratori alle sceneggiature mentre lui stesso diffondeva - per il pubblico delle riviste scandalistiche - voci su suoi presunti flirt, su sue notti brave, per mantenere vivo  l’interesse per sé e per il suo cinema (proprio come faceva dall’altra parte dell’oceano Hitchcock proponendo lui stesso come attore e personaggio fuori dal set).

La quantità e insieme la qualità dei suoi scritti sulla scienza, l’educazione, le arti, nonché le sue annotazioni su innumerevoli testi di ogni tipo, le sue rubriche enciclopediche, le sue relazioni con scienziati e artisti mantenute vive da epistolari e incontri, i suoi viaggi, le sue esplorazioni etno-antropologiche, la sua immensa biblioteca ideale che si può ricavare dai suoi scritti e progetti, i presupposti impliciti di ogni sua riflessione rivelano un Rossellini umanista nel senso originale del termine: uno studioso, un narratore, un educatore, e persino uno sperimentatore e inventore di soluzioni tecnologiche che gli hanno permesso di narrare e far viaggiare i suoi spettatori tra tempi e luoghi distanti nel tempo e nello spazio senza scomodare le costose ricostruzioni hollywoodiane e senza rimanere impantanato nelle richieste di produttori analfabeti interessati solo a ottenere rapidi successi commerciali.

Dall’insieme dei documenti sparsi in mille edizioni, in parte inediti o non più editi,  non tradotti o non trascritti, ma soprattutto dalle correlazioni tra tutti questi documenti si riscopre Roberto Rossellini come un colto e utopistico umanista ed enciclopedista, che dialogava con scienziati, con artisti, filosofi e educatori più che con cineasti; si riconosce l’autore studioso polivalente che abbiamo cercato di mostrare contro ogni ostile pregiudizio durante tutto il Centenario, sperando di ottenere aiuti per sviluppare il suo progetto più ambizioso boicottato dai tentativi di ridurlo a un «bignami di storia in forma audiovisiva».

Ora stiamo studiando come editare in forma digitale tutto il corpus delle sue riflessioni da studioso ed educatore ,per farlo dialogare indirettamente con la sua opera cinematografica e con l’opera dei tanti studiosi e autori a cui egli si riferisce con le sue domande e con le sue risposte nei suoi documenti letterari, quasi sempre metadocumenti riferiti a progetti suoi o di altri umanisti.

Il valore di quest’opera saggistica, teorica, progettuale, che vorremmo pubblicare in forma reticolare multimediale, potrà essere pienamente compreso se riusciremo a realizzare, insieme ad essa, un Sistema di Studio Reticolare adatto per esplicitare le correlazioni tra l’opera artistica e quella saggistica rosselliniana e per correlarla con adeguate argomentazioni a quella dei suoi tanti interlocutori a distanza, sia del suo presente che del suo passato nonché del nostro presente, che hanno ispirato, appreso ed ereditato l’intramontabile lezione umanistica rosselliniana.